Contagio di ritorno in Cina e Corea del Sud. È il nostro futuro?

La risposta nei tamponi a tappeto e contact-tracing

di Antonella Ruggiero

I “contagi di ritorno” da Covid-19 sono il nuovo incubo della Cina e soprattutto, numeri alla mano, della Corea del Sud.

Contagi di ritorno: una nuova espressione che con prepotenza è destinata a farsi spazio nel nostro lessico quotidiano già impregnato di termini bellici ed epidemiologici. I contagi di ritorno raccolgono due categorie distinte: i “casi importati” e gli asintomatici. Un caso importato è un soggetto positivo che infettatosi al di fuori del territorio può diventare nuovo carrier della malattia. Gli asintomatici invece sono quei soggetti che pur essendo positivi al patogeno non manifestano nessuno sintomoe possono quindi inconsapevolmente diffondere e riaccendere il contagio.

Per la prima volta tre settimane fa a Wuhan, primo epicentro dell’epidemia da Covid-19, non si è registratonessun nuovo caso. La dimostrazione che il distanziamento fisico piuttosto che sociale, come ci insegna la sociologa Bruna de Marchi, è l’unica arma che abbiamo per fermare l’epidemia.

In quella data non ci sono stati festeggiamenti, e la guardia non si è abbassata; la quarantena è ancora in vigore e, a meno che le cose non cambino, l’8 aprile finalmente la città si aprirà.

Tutto può ancora cambiare, la situazione è inedita e dinamica come ci dimostrano i nuovi contagi registrati in questa ultima settimana proprio a Wuhan, dove tutto è iniziato. L’epidemia non è finita. Il virus non è scomparso.

Cina. Nuove misure e certificati digitali

La Cina però non resta a guardare, e per arginare il fenomeno dei contagi di ritorno, che potrebbero dar luogo a una seconda crisi sanitaria e, non meno importante, un nuovo blocco economico, ha messo in atto una serie di misure:

– la chiusura delle frontiere (seguita a ruota da Taiwan, Hong Kong e Singapore), vietando temporaneamente l’ingresso agli stranieri permettendo però solo i voli domestici

– tamponi a tappeto per scovare in maniera precoce gli asintomatici

– certificati sanitari digitali.

Aereoporto di Hong Kong (C) South China Morning Post

Un certificato digitale è un codice che contiene delle informazioni relative a dati sanitari e spostamenti di ogni cittadino. Chi è in possesso di un certificato verde sul suo smartphone ha il diritto di circolare sui trasporti pubblici mentre il rosso obbliga alla quarantena.

Sei dei verdi perché provieni da un’aerea del Paese che è non è stata colpita duramente dal virus, e soprattutto sei negativo al test diagnostico. In questo modo non solo si impedisce alle persone infette di circolare liberamente, ma soprattutto si possono tracciare tutti gli spostamenti di un singolo individuo, specialmente quelli a rischio (certificato giallo, proveniente da un’area geografica compromessa e/o con una storia sanitaria complessa) per poter poi identificare e isolare i possibili nuovi malati.

Certificati sanitari digitali in Cina. Il box a destra mostra le tre possibili certificazioni (C)xatakamovil

L’accesso a questa applicazione si fa esclusivamente con il proprio numero telefonico, e non in forma anonima.

Basteranno queste misure ad evitare la risacca? Ben Cowling, uno tra i massimi esperti di epidemiologia dell’Università di Hong Kong prevede che se una seconda ondata di contagi ci sarà, si manifesterà per la fine di aprile, se la Cina tiene duro magari c’è la speranza di non dover chiudere di nuovo tutto.

Corea del Sud. Tamponi a tappeto e conctact tracing

Singolare è il caso della a Corea del Sud che si era dimostrata da subito capace di contenere il flusso del contagio. Sicuramente l’esperienza maturata nell’epidemia di MERS (Middle East Respiratory Syndrome, sindrome acuta respiratoria mediorientale) del 2015 ha aiutato a gestire l’emergenza. In soli diciassette giorni gli operatori sanitari coreani sono stati capaci di sviluppare un test efficace per la diagnosi veloce e di organizzare una rete di laboratori in tutto il Paese, applicando dunque la strategia dei tamponi a tappeto. La diagnosi precoce e estesa (20mila test al giorno per una popolazione di cinquantuno milioni di persone) seguita all’isolamento ha ridotto notevolmente il tasso di mortalità e soprattutto la diffusione del contagio. La strategia aggressiva della Corea del Sud si è avvalsa moltissimo anche della tecnologia. Il suo sistema di contact tracing entra prepotentemente nelle vite dei suoi cittadini, arrivando talvolta a denunciare pubblicamente sulle piattaforme digitali nomi e cognomi dei possibili individui a rischio contagio.  

Test a tappeto in Corea del Sud (C)Jung Yeon-je AFP Getty

Nonostante tutte queste misure adottate la Corea del Sud non è rimasta immune allo sviluppo di nuovi focolai. C’era l’illusione di un lento graduale ritorno alla normalità, ma il governo ha fatto un passo indietro rinviando la ripresa dell’anno scolastico e ristabilendo tra le altre cose il distanziamento fisico per contenere lo sviluppo di una seconda onda.

L’Italia si adegua

Il nostro paese si è scoperto impreparato ad affrontare un’emergenza sanitaria di queste dimensioni. Tra giravolte e dietro front abbiamo intrapreso più di tutti la strada del distanziamento sociale, unitamente allo spasmodico richiamo alle buone norme igieniche.

Il numero di test sembra aumentare giorno dopo giorno, ma la confusione è ancora tanta, test effettuati o pazienti già testati visto che talvolta sono necessari tre tamponi per ogni individuo. E il contact tracing? È cosa risaputa che il Belpaese non è tanto avvezzo alla tecnologia.

Il ministro Speranza parla di «rafforzamento delle strategie di contact tracing e di teleassistenza con l’utilizzo delle nuove tecnologie». I cittadini potranno scaricare una app utile per tracciare gli spostamenti dei malati. In Lombardia, la regione più duramente colpita dall’epidemia, è possibile scaricare “AllertaLOM”: gli utenti sono invitati a ripetere ogni giorno la compilazione di un questionario anonimo che non si rivolge solo a chi manifesta sintomi ricollegabili al Covid-19, ma a tutti i cittadini, aggiornando il loro stato di salute. Asia docet, l’Italia rincorre e  impara in fretta anche se nessun uomo in divisa busserà alla nostra porta per controllarci la temperatura!

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