Fase due. Poche certezze scientifiche; continuare con distanziamento, mascherine e tamponi

Per il virologo Andrea Crisanti, test per anticorpi e farmaci sono solo in sperimentazione

Andrea Crisanti, virologo e ordinario di Microbiologia presso l’Università di Padova, ha gestito, insieme al coordinamento regionale, il focolaio di Vo’ Euganeo, identificato come caso-studio per la formulazione della tattica di contenimento adottata dalla Regione Veneto.

Crisanti è un sostenitore dello screening a tappeto e della sorveglianza attiva, una strategia che prevede la somministrazione dei tamponi a tutta la popolazione. Abbiamo chiesto la sua opinione sulle mosse future e sulle cautele da adottare per la fase due.

Andrea Crisanti, virologo e ordinario di Microbiologia presso l’Università di Padova, sostiene lo screening a tappeto e la sorveglianza attiva dei potenziali contagiati da Covid-19.

Qual è il livello di attendibilità dei test? Bastano i tamponi per fare uno screening completo della popolazione o la metodologia è più articolata?

Penso che i test sierologici siano ancora in una fase di sperimentazione. Bisogna tenere presente che questo virus è molto simile ad altri, quindi è ragionevole ipotizzare che la positività contro il comune virus del raffreddore venga rilevata anche da questi test. Esiste ancora una grande confusione su quelli che sono i test più specifici, più adatti a questo tipo di indagine.

Ci sono vaccini e farmaci specifici attualmente in corso di sperimentazione sull’uomo in Europa e in Cina. È lecito riporre tutte le aspettative sulla ricerca farmacologica?

Ci troviamo ancora in una fase caotica dove la comunità scientifica si è mobilitata per testare diverse sostanze con effetto più o meno terapeutico. Allo stesso tempo, si è mobilitata per la creazione dei vaccini. Verificare però l’efficacia o meno di un vaccino è una strada molto lunga. Va valutata la tossicità per l’uomo e l’induzione della risposta immunitaria giusta; dopodiché, bisogna vedere il livello di protezione che fornisce, perché ci sono vaccini con livelli di protezione bassi e non sempre sono utili (ad esempio, il vaccino contro la malaria con una protezione del 30-40%). Ci vogliono presupposti scientifici. C’è da dimostrare, ad esempio, che i livelli di anticorpi correlano con la protezione oppure che, somministrando questi anticorpi a persone infette si ha un’azione protettiva nei loro confronti.  Solo a quel punto, si ha il vaccino.

Quali sono secondo lei le misure da seguire imprescindibilmente durante la fase due e, eventualmente, la fase tre?

Una delle misure più importanti è sicuramente quella di evitare assembramenti in luoghi chiusi con molte persone. La seconda è quella di utilizzare, ovunque e quando possibile, la mascherina perché effettivamente ha un impatto importante sulla trasmissione. Questo per quanto riguarda i cittadini.

Per quanto riguarda le istituzioni, si dovrebbe potenziare la nostra capacità di fare tamponi, di fare cioè saggi molecolari e, se questi si dimostrassero efficaci, anche di fare saggi immunologici. Non ho nessuna preclusione circa il saggio immunologico; mi piacerebbe però vedere che effettivamente sia affidabile.

Tornando ai cittadini, penso che debbano fare lo sforzo di scaricare l’app facoltativa in corso di sviluppo: penso che sarà uno strumento sociale davvero molto importante per assicurare ulteriori misure di tracciabilità e identificare eventualmente contatti con persone infette che, a loro volta, possono essere state infettate. Quindi, di fatto, uno se la scarica e utilizza per sé e per gli altri.