di Marco Bresadola
Dopo un lungo periodo di silenzio quasi assordante, la Conferenza dei rettori delle università italiane (Crui) si è finalmente espressa sul futuro della didattica universitaria nel prossimo anno accademico. Da settembre gli studenti tornano in aula: è questo il titolo di un comunicato ufficiale emesso dalla Crui qualche giorno fa.
Il messaggio è importante in quanto sembrerebbe sgombrare il campo dai moltissimi dubbi sulla possibilità di ripristinare la didattica in aula in una situazione di incertezza sanitaria quale quella attuale, accogliendo così vari appelli lanciati dal mondo universitario anche su queste pagine nelle scorse settimane. Tuttavia, questo messaggio appare in qualche modo contraddittorio in quanto qualche riga dopo lo stesso comunicato sostiene che per “gli studenti nazionali e internazionali che non potranno essere presenti presso i campus, sarà comunque possibile frequentare grazie alla didattica a distanza”.
Qual è dunque il modello didattico che la CRUI ha in mente per il prossimo anno accademico? È possibile giustapporre in modo semplice una modalità di didattica in presenza a una a distanza, come sembra trasparire dalle parole del comunicato?
L’impressione è che le università non abbiamo ancora identificato una soluzione comune alla sfida educativa lanciata dalla pandemia. Il timore è che la ricerca di una tale soluzione si basi su una vecchia concezione della didattica a distanza, più vicina alla beneamata Scuola radio elettra del secolo scorso che non alle possibilità offerte nell’era attuale delle Information and Communication Technology