Editoriale
Quando abbiamo iniziato Laboratori Aperti, abbiamo dichiarato subito che nella pandemia un robusto tessuto di fiducia fra cittadini, politici e scienziati è altrettanto indispensabile quanto lo sono l’efficacia della ricerca scientifica e il buon governo della società e della sanità. E che la corretta intermediazione svolta dal giornalismo scientifico è un cardine di questa relazione virtuosa.
Quando – troppo spesso – questa non c’è stata, la pandemia si è alimentata dell’infodemia. Ne sono stati responsabili gli scienziati e gli esperti non meno delle fake dei social e del sensazionalismo politicamente orientato dei media mainstream.
Il risultato nefasto è che lo spettacolo del “Master virus” che si è consumato nei talk show e la corsa alla pubblicizzazione di risultati scientifici mal verificati hanno minato non solo la fiducia dei cittadini nelle parole degli scienziati, ma nel metodo scientifico stesso. Così clorochina e vitamina C possono contendersi il favore dell’opinione pubblica quasi alla pari.
È quasi un miracolo che in alcuni Paesi, fra cui il nostro, il governo abbia tenuto il timone nella tempesta. Altri, fra cui gli USA, superpotenza anche scientifica, sono andati alla deriva, e faticano a riprendersi.
Ecco perché in questi mesi abbiamo sempre cercato di interpretare il ruolo di intermediazione dell’informazione come strumento di crescita di fiducia, quella fiducia richiamata all’inizio, che è la vera cura sistemica senza la quale le misure sanitarie rischiano il fallimento.
Per questo abbiamo anzitutto pensato alla comunità a cui Laboratori Aperti si è rivolto come a un corpus non solo di lettori passivi ma anche di soggetti con esperienze da condividere. Abbiamo chiesto agli studenti di Unife, che risiedono in tutto il Paese con le loro famiglie, di dirci cosa stava accadendo nelle loro vite e, poi, cosa pensano per il futuro; abbiamo chiesto agli esperti del nostro ateneo (tra cui medici, epidemiologi, architetti, ingegneri, sociologi) di aiutarci a capire cosa sta succedendo in città, sia dal punto di vista della salute, sia da quello dei cambiamenti che dovranno avvenire. E i risultati sono stati estremamente confortanti: i temi caldi sono stati seguitissimi e rilanciati anche da altri media, e gli accessi al sito sono venuti da tutto il Paese.
Ancora: nelle questioni controverse, coltivare la fiducia ha significato per noi sia evitare di rincorrere la notizia scientifica dell’ultimo minuto (spesso poco verificata) sia rifiutare di schierarsi a favore di un’ipotesi (terapeutica, eziologica o di politica sanitaria che fosse), come pure di far parlare tutti secondo una par condicio segno di irresponsabilità professionale. Abbiamo invece fornito i contesti e gli elementi di interpretazione delle notizie e sulla base di quelli formulato, quando opportuno, opinioni esplicitamente proposte come tali.
Ne è un esempio la questione della app di tracciamento Immuni, attorno alla quale si è scatenato per mesi un dibattito tanto polarizzato per schieramento ideologico quanto disinformato per mancanza di elementi conoscitivi certi. Laboratori Aperti ha seguito un’altra strada. Dopo il quadro generale tracciato da Luciano Floridi, uno dei massimi esperti internazionali, già visiting professor presso il nostro ateneo, dopo l’analisi tecnica di Enrico Maestri filosofo del diritto di Unife, e la spiegazione del funzionamento della versione ufficiale illustrata dalla Lampada delle scienze, abbiamo proposto una nostra esplicita opinione.
Abbiamo cercato di fare così con tutta la variegata materia che la pandemia ci ha messo davanti: dalla ricerca del vaccino e della cura all’economia e alla cultura. Massimo è stato il nostro sforzo per favorire l’incontro e il confronto fra tutti i soggetti che si sono trovati scagliati improvvisamente nel mondo virtuale della formazione a distanza.
Questa visione del giornalismo scientifico, che pone al centro la costruzione di un contesto di fiducia, crediamo sia anche una declinazione importante e naturale del ruolo dell’università pubblica, nel cui ambito siamo inseriti.
Oltre alla ricerca e alla didattica, l’università finanziata con il denaro dei cittadini ha anche il compito di restituire loro i frutti del lavoro di ricerca e renderli partecipi della cultura che lì si forma. È la sua “terza missione”, e va svolta nel fondamentale rispetto dei valori collettivi della nostra società. E mai come in questa terribile vicenda si è visto quanto essi siano importanti a fronte dei disastri compiuti dagli interessi individuali e privati, dalla faziosità politica fino alla superficialità narcisistica esibita su vecchi e nuovi media.
Ora che Laboratori Aperti sospende le pubblicazioni, augurandoci che l’emergenza per cui è nato sia definitivamente passata, l’impegno della redazione è continuare a esercitare il proprio modo di fare informazione in un nuovo contesto editoriale, a cui stiamo già lavorando, nel quale Covid-19 sia solo uno dei temi della comunicazione della scienza e della cultura scientifica.