Reportage. In viaggio nei wet market cinesi (1)

In esclusiva da dove tutto è cominciato: animali selvatici, macellazioni e credenze popolari

di Maria Longobardi

Il wet market di Wuhan è ormai noto per essere considerato all’origine della pandemia di coronavirus SARS-COVID2. Negli ultimi mesi, attorno al mercato di Wuhan, e ai wet market in generale, si è acceso un intenso dibattito, sia politico sia scientifico.

Mentre molti Paesi chiedono con forza che essi vengano definitivamente chiusi, gli scienziati continuano a domandarsi se davvero sia stato il mercato di Wuhan il punto d’innesco dell’epidemia.

Sul fatto che Wuhan sia stato il primo focolaio non c’è alcun dubbio, ma se davvero il contagio sia partito dal quel mercato non è ancora chiaro.

È probabile che il virus circolasse silenzioso in altre zone della Cina già nei mesi di ottobre e novembre 2019; ed è anche probabile che il cosiddetto salto di specie animale-uomo (forse un pipistrello o un pangolino) non sia avvenuto proprio a Wuhan, ma verosimilmente nel sud della Cina, forse in un wet market nel Guandong, zona nota per i suoi piatti a base di animali selvatici, tra cui pipistrelli e pangolini. Sembra tra l’altro che di pipistrelli e pangolini al mercato di Wuhan non se ne vendessero, almeno nel mercato legale, mentre sono molto diffusi nel Guandong.

Un tipico wet market cinese

Inoltre, sebbene un terzo dei primi pazienti di Wuhan fossero stati al mercato, quello che si ritiene essere il paziente zero non aveva nessuna relazione con esso. Comunque sia andata, i wet market sono considerati come un potenziale fattore di rischio per l’insorgenza di nuove epidemie e quindi guardati con sospetto.

Ma cosa sono i wet-market? Che posto occupano nella società cinese? Cosa si vendeva a Wuhan? Cerchiamo di rispondere esplorando questi mercati e facendo insieme un viaggio in un wet market nel Guandong che ho visitato di recente.

Dai serpenti ai coccodrilli ai lupi, nei wet market si vende e macella fra sangue ed escrementi

Innanzitutto, bisogna dire che i wet market non sono diffusi solo in Cina ma in tutta l’Asia, l’Africa e il Sud America. Non è chiaro quanti ce ne siano in Cina ma si stima, ad esempio, che siano più di mille nella sola Shanghai. Questi mercati possono essere sia grandi che piccoli e sono controllati direttamente dal governo centrale cinese che, dopo il 2000, ha cercato di regolamentarli e di modernizzarli.

Vendono solitamente carne, pesce e verdure e si chiamano cosi (che tradotto significa letteralmente “mercato bagnato”) perché hanno il pavimento bagnato dall’acqua e dal ghiaccio usati per tenere in fresco le merci o lavare i banconi dopo la macellazione. Si differenziano dai dry-market (mercati asciutti) dove si vendono solo prodotti confezionati o secchi. C’è anche un’altra distinzione da fare: ce ne sono alcuni che vendono solo carne macellata (e sono la maggioranza di essi) e altri in cui si trovano anche animali vivi, molti dei quali selvatici come serpenti, pangolini, coccodrilli ma anche volpi, lupi e cani, che spesso vengono macellati sul posto.

I wet market vendono solitamente carne, pesce e verdure e si chiamano cosi perché hanno il pavimento bagnato dall’acqua e dal ghiaccio usata per tenere in fresco le merci o lavare i banconi dopo la macellazione.

Storicamente, l’uso e il commercio di animali selvatici sono stati incentivati, fino ai tempi recenti, dal governo cinese, che vedeva in questo mercato un’opportunità per alleviare la condizione di povertà delle zone rurali. Solo durante l’epidemia di SARS nel 2002-2004 e quella dell’influenza aviaria del 2013, la vendita di animali selvaggi è stata proibita ma la proibizione è stata rimossa dopo soli sei mesi.

Più recentemente, a causa dell’epidemia di coronavirus, è stato di nuovo bandito temporaneamente il consumo e commercio di questi animali, ma non è chiaro fino a quando durerà questo divieto.

Le condizioni igieniche di questi mercati non sono sempre ideali, specialmente in quelli in cui si vendono gli animali vivi, siano di fattoria o selvatici. La prossimità degli animali vivi e dei loro escrementi con la carne macellata in vendita e con gli esseri umani rappresenta un potenziale serbatoio di nuovi virus e batteri.

Inoltre, gli animali vivi, quando sono macellati sul posto, innescano un ulteriore fattore di rischio. Infatti, virus o batteri, innocui per l’animale macellato, potrebbero essere trasmessi all’uomo tramite il contatto con il sangue dell’animale.

Poiché i virus hanno come strategia di sopravvivenza il rimescolamento continuo di alcuni dei loro geni, potrebbero tramite mutazioni genetiche colonizzare nuovi ospiti, gli esseri umani in questo caso, provocando malattie.

Ed è probabilmente proprio cosi che è andata con l’epidemia del nuovo coronavirus: la carne comprata in un wet market, non necessariamente a Wuhan, ha permesso la trasmissione del nuovo virus all’uomo.

Per le loro precarie condizioni igieniche e per il commercio di animali selvatici, i wet market adesso sono finiti nell’occhio del ciclone e considerati come l’origine di tutti i mali. Ma è proprio così?

Wet market fra economia e cultura popolari. Incentivati dopo Mao

I wet market svolgono un ruolo centrale nella vita sociale cinese.  Oltre che offrire cibi freschi a prezzo conveniente, sono anche luoghi di incontro e di relazioni sociali, dove le tradizioni si tramandano e dove i venditori danno informazioni sulle proprietà benefiche dei diversi tipi di carni e le ricette su come cucinarli. Inoltre, sono l’unico posto dove i cinesi possono trovare gli animali selvatici, considerati un rimedio per molti malanni, e che non si vendono nei supermarket.

I wet market hanno per questo mantenuto nel tempo il loro status di fonte primaria per l’acquisto di beni alimentari, soprattutto di carnee verdura.

Il commercio di animali selvatici e i wet market in Cina hanno una lunga storia.  Comincia alla fine della Rivoluzione Culturale e del governo di Mao Tse-tung nel ‘76, quando il paese si è trovato in una situazione di forte indigenza,non riuscendo a soddisfare il fabbisogno alimentare della nazione. In quel periodo, furono molti i morti per fame e malnutrizione.

Il successore di Mao, Deng Xiaoping, per combattere la povertà, incoraggiò l’uso di animali selvatici per il consumo personale e per il commercio, soprattutto nel sud del paese.

In seguito, emanò leggi per incentivare e proteggere la vendita degli animali selvatici e la distribuzione dei wet market diventò più estesa e non limitata alle zone rurali. Negli anni, il governo cinese ha poi continuato a promuovere l’uso di animali selvatici come forma di sviluppo economico rurale e, in qualche decennio, questa economia locale si è allargata su scala nazionale trasformandosi in una vera e propria industria.

La presenza massiccia di wet market ha iniziato a svilupparsi in questo periodo di transizione economica, quando contadini e allevatori andavano a vendere nelle città vicine i loro prodotti, compresi gli animali selvatici.

Storicamente, i sistemi di refrigerazione non erano disponibili in questi mercati e per ovviare a questa difficoltà gli animali venivano portati vivi al mercato e macellati in loco.

Frigoriferofobia

I sistemi di refrigerazione in Cina sono stati assenti per lungo tempo e si sono diffusi solo negli ultimi anni. Ancora oggi, in zone rurali povere, molte famiglie non hanno il frigorifero in casa.

 Quando però i sistemi di refrigerazione sono diventati disponibili, si è sviluppata quella che è stata definita “frigoriferofobia”, cioè la convinzione che la tecnologia del freddo rovinasse i cibi, soprattutto le carni, e che i cibi non refrigerati fossero più freschi e di migliore qualità. Questa convinzione è sopravvissuta ai giorni nostri, specie nelle persone più anziane che sono cresciute senza frigorifero e nei quali gli odori caratteristici dei cibi freschi evocano i ricordi di cucina antica. Questo fenomeno è molto sviluppato nella zona del Guangdong dove in cucina si usano poche spezie e si preferisce lasciare ai cibi i loro profumi naturali. (1.Continua)

(Maria Longobardi, fisico e science writer)

5 pensieri riguardo “

Reportage. In viaggio nei wet market cinesi (1)

In esclusiva da dove tutto è cominciato: animali selvatici, macellazioni e credenze popolari
  1. molto interessante questa ricerca sulle origini e diffusione dei wet market, tuttavia ritengo che dopo ben 3 pandemie probabilmente originatesi da questi mercati e migliaia di morti, sia il caso che la Cina e tutto il mondo intervenga ripensandoli, vietando il commercio di animali selvatici vivi o macellati

  2. Un reportage davvero interessante che fa conoscere una realtà sconosciuta .complimenti all’autrice

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