Sono una ragazza, ho 19 anni … avrei preferito giorni migliori

di Redazione

Rebecca, “Scienze filosofiche e dell’educazione”, scrive da Ferrara

Sono una ragazza, ho 19 anni

È il mio primo anno di università… sono giorni che aspettavo da tempo perché mi creavano fin da piccola, l’idea di essere grande.

Sono quei giorni che non vedevo l’ora arrivassero, ma forse, oggi come oggi, penso di aver parzialmente sbagliato desiderio. Dico ‘’parzialmente’’ perché mi piace ciò che studio, ma avrei preferito giorni migliori per vivere la mia vita da giovane ed anche da studente.

Aspettavo l’università da quando ero bambina, pur non sapendo bene in cosa consistesse… avevo gli stessi dubbi che mi sono riaffiorati di questi tempi, con la fatidica domanda per la testa ‘’ma come sarà?’’

Contesti diversi, pensieri diversi… accomunati dal solo concetto degli anni accademici. Quegli anni che pensavo che avrei ricordato tutta la vita, e infatti sarà proprio così.

Ricorderò il giorno della laurea, i tre anni a Ferrara, il mio primo anno: l’anno 2019-2020, l’anno del coronavirus.

Appena scoppiata l’epidemia, finché era in Oriente, per quanto fosse brutta e avessi paura che arrivasse in Italia la sottovalutavo. Continuava la sessione invernale, andavo a dare gli esami a Ferrara e mi piaceva. Mi piaceva com’era.

Ero emozionata per i miei risultati, per gli aperitivi post-esame e in giro per la città prima del rientro a casa.

Quella città oggi macabra, soleggiata dal primo sole primaverile ed inebriata dai profumi dei fiori… macabra perché il sole brilla senza creare alcuna ombra, e i profumi non sono respirati da nessuno… il nulla.

Mi piaceva addirittura l’annuncio ritardo del mio treno, per quanto mi scocciasse, ma amavo vedere il sole calare oltre i binari.

E ora, a casa, ci penso ancora a quei ritardi, a quei viaggi… E forse stiamo viaggiando e siamo ancora in ritardo… ma non uno dei classici ritardi per un guasto sulla linea.. uno di quei ritardi epocali che non rimborsa nemmeno la metà…

Mi piaceva il pullman n°6 che strapieno partiva, costringendomi ad aspettare il prossimo; mi piaceva fare la scala di due piani agli Adelardi, che al termine non vedevo l’ora di accaparrarmi un posto… mi manca anche l’assembramento davanti alle porte dell’aula, le chiacchiere con i miei amici in corso di conoscenza… lo stesso assembramento e le stesse chiacchiere che poco dopo ci furono vietati.

Doveva finire la sessione invernale e io, come tanti altri studenti, sarei dovuta tornare a rivivere tutto ciò.

Non avevo subito voglia di tornare a svegliarmi presto e rientrare tardi, dovevo riabituarmi ai ritmi.

Quando la mia Regione era ancora priva di contagi e tutto era aperto, la mia università decise di chiudere per un paio di settimane e onestamente non ero troppo triste: avevo finito gli esami e stare a casa e riposarmi dopo tanto

studio e uscire per un caffè al bar non mi dispiaceva… Tanto sarei tornata all’università, pensavo.

Invece no…da quel 23 febbraio non sono più tornata.

La situazione è peggiorata, arrivarono i decreti ministeriali e poi ci chiusero in casa.

Non c’era più il caffè al bar, né le chiacchiere con gli amici, né il professore che interagiva con noi.

Il caffè del bar divenne un caffè fatto in casa, le chiacchiere diventarono videochiamate e il professore diventò presente in via telematica; non ho conosciuto né mai visto i miei professori in volto.

Unife rimediò molto velocemente al disagio, facendovi fronte con lezioni online e sessioni straordinarie.

Forse molti pensano che sia comodo e bello, ma non lo è poi troppo: manca il confronto, i chiarimenti, il contatto… tutte cose che una mail non può compensare a pieno.

Però noi giovani non studiamo solo.

Impariamo a cucinare, a fare torte, a prenderci cura di noi con movimento fisico in casa.

Beh, io ho la fortuna di essere nel gruppo Whatsapp del mio corso di studi; siamo in 250 membri e fortunatamente parliamo anche di cosa extra-universitarie. Abbiamo modo di sentirci, aiutarci, ridere e starci vicini in ogni modo.

Ho conosciuto, seppur a distanza di mesi dall’inizio dell’anno, anche delle persone nuove del mio corso.

Persone che forse in università alla vita normale non avrei conosciuto.

Ad oggi mi sento meno sola.

Eppure le città continuano ad essere ferme, i giovani annoiati, le persone sperdute.

Sono una persona positiva, in tutto e come tale voglio vederci il positivo anche qua, in questi giorni diventati mesi, ma anche in queste distanze.